Le prestazioni di invalidità spettano anche agli stranieri disabili regolarmente soggiornanti, anche se non possiedono la Carta di soggiorno o il permesso CE per lungo soggiornanti.
La Corte di Cassazione, con ordinanza dd. 26 giugno 2012 n. 10665, rigettando il ricorso dell’INPS contro una sentenza della Corte di Appello di Torino, ha ribadito che le prestazioni di invalidità spettano anche agli stranieri disabili regolarmente soggiornanti, anche se non in possesso della carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.
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CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza
26 giugno 2012, n. 10665
Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Torino accoglieva la domanda di M. nei confronti dell’INPS,
per ottenere l'assegno di invalidità civile di cui all'art. 13 legge 118/71, dal primo agosto 2007, disattendendo
la tesi dell’Inps sulla necessità del possesso della carta di soggiorno.
Avverso detta sentenza ricorre l'Inps, mentre la controparte resiste con controricorso.
IL Ministero dell'Economia è rimasto intimato.
Con il primo mezzo l'Istituto denunzia violazione dell'art. 41 DL 286/98 e dell'art. 80 legge 388/2000 sulla
necessità della carta di soggiorno; con il secondo ed il terzo si duole che l'assegno sia stato riconosciuto
senza previa verifica della ricorrenza dei requisiti socio economici;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;
Letta la memoria critica dell’Inps;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;
Ed infatti, quanto al primo motivo, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 0187 del 2010 ha affermato "È
costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., l'art. 80, comma 19, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di
soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile
di invalidità di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. Il suddetto assegno - attribuibile ai soli invalidi
civili nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa di misura elevata ed
erogabile in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attività lavorativa e versi nelle disagiate condizioni
reddituali stabilite dalla legge per il riconoscimento della pensione di inabilità - costituisce una provvidenza
destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla
persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza. Secondo la giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo, ove si versi, come nel caso di specie, in tema di provvidenza destinata a
far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per
risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo. Pertanto, la norma de qua, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti di
legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti
dagli obblighi internazionali imposto dall'evocato parametro costituzionale, poiché discrimina
irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato nel godimento di diritti
fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini."
Già con la sentenza n. 306/2008 la Corte aveva affermato che «al legislatore è consentito «subordinare, non
irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazioni di
urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne
dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle
condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro
confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai
cittadini» Parimenti infondati sono il secondo e terzo motivo, si eccepisce infatti in controricorso l'esistenza di
una preclusione da giudicato (così facoltizzando questa Corte all'esame degli atti), in quanto nel ricorso
introduttivo era stata allegata sia l'incollocazione al lavoro dal 2005, data della iscrizione nelle liste del
collocamento obbligatorio, sia l'esistenza dei limiti reddituali e questi requisiti non sono stati contestati
dall'Istituto, né in primo grado, né nel ricorso in appello, onde le relative questioni sono ormai precluse.
Peraltro che il soggiorno in Italia dell'interessato non sia episodico e di breve durata è dimostrato dalla
esistenza delle dichiarazioni della Agenzia delle Entrate che vanno dal 2006 al 2010 e la sua iscrizione negli
elenchi del collocamento obbligatorio.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese della parte costituita seguono la soccombenza.
Nulla per le spese del Ministero dell'Economia.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro tremila per onorari e
trenta per esborsi, oltre spese generali, Iva e CPA.
Nulla per le spese del Ministero dell'Economia.