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Corte Costituzionale 12 dicembre 2011 n.329

Corte Costituzionale Sentenza 12 dicembre 2011 n.329- Illegittimità delle disposizioni che subordinano l'indennità di accompagnamento al possesso della Carta di soggiorno.

 

"dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennita' di frequenza di cui all'art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina delle indennita' di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennita' di frequenza per i minori invalidi)."


Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 53 del 21-12-2011

CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 12 dicembre 2011, n.329

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero - Indennita' di frequenza - Riconoscimento del beneficio al

minore extracomunitario subordinato al requisito della titolarita'

della carta di soggiorno - Violazione del principio di uguaglianza

e dei diritti all'istruzione, alla salute ed al lavoro - Violazione

della garanzia assistenziale - Lesione di obblighi internazionali

derivanti dalla CEDU - Illegittimita' costituzionale in parte qua.

- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 19.

- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 34, 38 e 117; Convenzione europea dei

diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 14.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA;

Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe

TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro

CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta

CARTABIA, Sergio MATTARELLA;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale del "coordinato disposto"

degli articoli 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla

disciplina delle indennita' di accompagnamento di cui alla legge 21

novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di

assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai

sordomuti e istituzione di un'indennita' di frequenza per i minori

invalidi) e 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388

(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale

dello Stato - legge finanziaria 2001), promosso dalla Corte d'appello

di Genova nel procedimento vertente tra M.A.S.M., nella qualita' di

genitore del minore L.M.A.O., e l'Istituto nazionale della previdenza

sociale (INPS) con ordinanza del 3 dicembre 2010, iscritta al n. 53

del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale

della Repubblica n. 14, 1ª serie speciale, dell'anno 2011.

Visti gli atti di costituzione di M.A.S.M., nella qualita' di

genitore del minore L.M.A.O. e dell'INPS;

udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 2011 il Giudice

relatore Paolo Grossi;

uditi gli avvocati Vittorio Angiolini e Gloria Pieri per

M.A.S.M., nella qualita' di genitore del minore L.M.A.O., e

Clementina Pulli per l'INPS.

Ritenuto in fatto

1. - La Corte d'appello di Genova solleva, in riferimento agli

articoli 2, 3, 32, 34, 38 e 117 della Costituzione, questione di

legittimita' costituzionale del "coordinato disposto" degli articoli

1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina

delle indennita' di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre

1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza

economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e

istituzione di un'indennita' di frequenza per i minori invalidi) e

80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per

la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge

finanziaria 2001), nella parte in cui subordina l'erogazione

dell'indennita' di frequenza per il cittadino minore extracomunitario

alla titolarita' della carta di soggiorno.

Premette la Corte rimettente di essere stata investita

dall'appello proposto dalla madre di un minore avverso la decisione

che aveva respinto la richiesta di riconoscimento del beneficio

dell'indennita' di frequenza di cui alla legge n. 289 del 1990: pur

essendo stata riconosciuta la sussistenza dei requisiti sanitari e

delle altre condizioni previste dalla legge, la provvidenza era stata

tuttavia negata per la mancanza della carta di soggiorno, avendo

l'appellante richiesto il primo permesso di soggiorno nel 2006 e,

percio', non trovandosi nel territorio nazionale da almeno cinque

anni, come richiesto ai fini del rilascio di quel documento.

Dopo essersi soffermata sulle condizioni del minore cui si

riferisce la domanda negata dal primo giudice per la ragione

anzidetta e aver analizzato natura e funzione della provvidenza in

questione, il giudice rimettente - nello scrutinare la non manifesta

infondatezza della eccezione di legittimita' costituzionale dedotta

in sede di gravame - ripercorre il panorama della giurisprudenza di

questa Corte, tanto in ordine al sindacato di conformita' della

normativa interna ai principi della Convenzione europea dei diritti

dell'uomo, quanto in merito alla portata preclusiva della

disposizione censurata nei confronti dei cittadini extracomunitari.

Rammentati, in particolare, i principi enunciati nelle sentenze n.

348 e n. 349 del 2007 in ordine alla possibilita' di dedurre la

violazione dell'art. 117 Cost. nell'ipotesi di un contrasto tra la

norma interna e la CEDU, il giudice a quo segnala i precedenti

offerti dalle sentenze n. 306 del 2008, in tema di indennita' di

accompagnamento, n. 11 del 2009, in tema di pensione di inabilita' e,

specialmente, n. 187 del 2010, con la quale venne dichiarata la

illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, qui denunciato,

nella parte in cui subordinava al requisito della titolarita' della

carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente

soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di

invalidita' di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118

(Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in

favore dei mutilati ed invalidi civili).

Su tale pronuncia la Corte rimettente si sofferma con particolare

attenzione, insistendo sulla analogia tra la provvidenza di cui al

giudizio a quo e quelle di cui alle richiamate pronunce, sotto il

profilo dei requisiti richiesti. A proposito del requisito della

permanenza in Italia, si sottolinea come solo con la legge n. 388 del

2000 siano state introdotte previsioni sensibilmente restrittive nei

confronti dei cittadini extracomunitari: il che non potrebbe

reputarsi consentito, al lume degli orientamenti di questa Corte, ove

la permanenza legale dello straniero non sia episodica ne' di breve

durata e vengano in discorso limitazioni per il godimento di diritti

fondamentali della persona, riconosciuti, invece, ai cittadini.

Nella specie - sottolinea il giudice a quo - l'appellante ha

presentato domanda volta ad ottenere l'indennita' di frequenza per il

figlio minore nel 2007 e la sua presenza in Italia - con un primo

permesso di soggiorno rilasciato nel 2003, non nel 2006, come

affermato nella sentenza impugnata - non potrebbe certo ritenersi

episodica o di breve durata. D'altra parte, per un minore bisognevole

di programmi terapeutici e di frequenza della scuola, l'attesa del

compiersi di un periodo di cinque anni di permanenza sul territorio

italiano potrebbe finire per comprimere le esigenze di cura e di

assistenza che l'ordinamento dovrebbe invece tutelare (richiamandosi,

in proposito, anche la sentenza n. 467 del 2002, che estese proprio

l'istituto della indennita' di frequenza ai bambini che frequentano

gli asilo nido).

Ne conseguirebbe, da un lato, la violazione del principio di

uguaglianza e dei parametri che assicurano la protezione di diritti

primari dell'individuo (quali l'istruzione, art. 34; la salute, art.

32; e l'assistenza sociale, art. 38), nonche' dei doveri di

solidarieta' economica e sociale (art. 2); dall'altro lato, la

violazione del dovere di esercitare la potesta' legislativa nel

rispetto, oltre che della Costituzione, anche dei vincoli derivanti

dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art.

117), essendosi introdotto un regime discriminatorio nei confronti di

cittadini stranieri incompatibile anche con i principi affermati da

questa Corte. Si richiama, a tal proposito, la Convenzione delle

Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', ratificata

con la legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con

disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13

dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla

condizione delle persone con disabilita'), e richiamata da questa

Corte nella ordinanza n. 285 del 2009, proprio in tema di indennita'

di frequenza.

2. - Ha depositato memoria di costituzione la parte privata del

giudizio a quo, nella qualita' di genitore del minore cui si

riferisce la richiesta di riconoscimento del beneficio, chiedendo che

la Corte accolga la devoluta questione di legittimita'

costituzionale. Richiamati i termini della controversia, e la

rilevanza della questione, la memoria analizza natura e funzione

dell'indennita' di frequenza, sottolineando come tale provvidenza sia

destinata ad assicurare la tutela di diritti fondamentali del minore,

alla luce di diffusi rilievi della giurisprudenza costituzionale sul

punto (e segnatamente della sentenza n. 187 del 2010, ampiamente

riprodotta, a sostegno dell'incostituzionalita', a maggior ragione,

della previsione di requisiti ostativi imposti dalle norme

denunciate). L'equiparazione ai cittadini e la non discriminazione

degli stranieri, il cui regolare soggiorno abbia "carattere non

episodico e di non breve durata", sarebbe, infatti, il principio

cardine cui attenersi, almeno quanto alle specifiche provvidenze

concernenti il godimento dei diritti fondamentali della persona. Nel

non distinguere la specificita' di ciascuna provvidenza e nel

trascurare il risalto proprio rispetto a questi diritti, le norme

denunciate si porrebbero in contrasto con la Costituzione.

3. - Nel giudizio si e' costituito l'Istituto nazionale della

previdenza sociale (INPS), chiedendo che la questione sia dichiarata

non fondata. A parere dell'Istituto, non sarebbe sindacabile la

scelta del legislatore di differenziare le prestazioni e di stabilire

che quelle piu' rilevanti possano essere concesse solo a quegli

stranieri che risiedano in Italia da piu' tempo e con maggiore

stabilita', trattandosi, nella specie, non di diritti previdenziali,

ma di provvidenze di natura assistenziale in materia di servizi

sociali. Una tendenza, questa, evidenziata anche dall'art. 20, comma

10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti

per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la

stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),

in tema di requisiti per ottenere l'assegno sociale di cui all'art.

3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema

pensionistico obbligatorio e complementare). Ne' sussisterebbe

contrasto con l'ordinamento comunitario e con gli obblighi

internazionali, alla stregua dei regolamenti comunitari in materia,

ne' violazione dei principi della CEDU, posto che la condizione

giuridica dello straniero e' regolata dall'art. 10, primo comma,

Cost., il quale risulta nella specie rispettato, «in quanto le

diverse prestazioni di assistenza sociale, riconosciute ai possessori

di carta di soggiorno rispetto ai possessori di permesso di

soggiorno, appaiono ispirate al principio di ragionevolezza e di

rispetto della condizione dello straniero». La disciplina censurata,

peraltro, si iscriverebbe in un quadro (legge finanziaria del 2001)

che doveva tenere presenti le risorse finanziarie disponibili a fini

di assistenza sociale e tali da condizionare le stesse provvidenze

anche nei confronti dei cittadini italiani ed equiparati. Quanto,

poi, alla Convenzione ONU sulle persone con disabilita', la stessa

non richiederebbe ai Paesi di attuare misure al di la' delle loro

capacita' economiche, limitandosi a sancire l'obbligo di interventi

volti ad agevolare i disabili nella loro vita di relazione. Nella

specie, la norma censurata non discriminerebbe il disabile straniero

da quello italiano, giacche' come al disabile cittadino si richiede

una residenza stabile nello Stato, in egual modo si richiede lo

stesso requisito anche allo straniero equiparato.

4. - In una memoria depositata in prossimita' dell'udienza, la

parte privata ha ribadito la richiesta di accoglimento della

questione, ulteriormente evidenziando come i diritti protetti anche

dalle disposizioni costituzionali evocate a parametro, e dei quali

l'indennita' di frequenza sarebbe presidio, rientrino tra quelli

fondamentali e inviolabili di cui all'art. 2 Cost.: cio' varrebbe ad

attestare l'intrinseca limitazione della discrezionalita'

legislativa, come riconosciuto dalle numerose pronunce che hanno

censurato scelte legislative nella materia, escludendo

l'ammissibilita' di qualsiasi discriminazione tra cittadini e non

cittadini soprattutto quando la misura della protezione risultasse

non ragionevole o non proporzionata. Cio' che, per l'appunto, si

verificherebbe nella situazione di specie, considerato il carattere

«essenziale», oltre che «urgente» e «indilazionabile», della

provvidenza in discorso, in mancanza della quale «non solo si

toglierebbe l'aiuto proprio a chi e' in condizione di piu' acuto

bisogno in ragione dell'essere minore», ma «si pregiudicherebbe [...]

l'architettura dell'intero sistema» disegnato dalla relativa

disciplina, anche alla luce della Convenzione ONU sui diritti delle

persone con disabilita'. La disposizione denunciata risulterebbe,

peraltro, «avulsa dal corpo normativo attinente alla immigrazione

extra-comunitaria» e ne disintegrerebbe i «principi portanti»: la

«limitazione particolare» da essa imposta al solo straniero per

l'accesso a una prestazione sociale concernente diritti fondamentali

non si limiterebbe a restringere il campo di applicazione dell'art.

41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle

disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme

sulla condizione dello straniero), ma lo eroderebbe «pressoche'

compiutamente». La carta e il permesso di soggiorno, infatti, non

sarebbero affatto «preordinati a dare criteri per la selezione

preclusiva di diritti, soprattutto fondamentali», ma servirebbero,

«ai loro titolari, per accedere, oltre che ad agevolazioni nella

libera circolazione europea e internazionale, a diritti o prestazioni

aggiuntivi rispetto a quelli dovuti a chi sia solo regolarmente o

stabilmente soggiornante come straniero»: e «cio' che dovrebbe essere

veicolo di accesso a tutele e diritti rafforzati» non potrebbe

tramutarsi, attraverso «un'operazione ulteriormente arbitraria», «nel

suo opposto, e cioe' nel veicolo di discriminazione ingiustificata

degli stranieri nell'accesso a diritti anche fondamentali».

5. - Anche l'INPS ha poi depositato una memoria illustrativa

nella quale ha segnalato come alla luce dei precedenti di questa

Corte - in particolare, le sentenze n. 306 del 2008 e n. 187 del 2010

- emerga che, mentre si e' ritenuto irragionevole, ai fini della

concessione del beneficio assistenziale, subordinare il rilascio

della carta di soggiorno (necessaria per la fruizione della

provvidenza) al possesso di un determinato livello di reddito, non

altrettanto sembra si possa dire riguardo al requisito relativo alla

permanenza in Italia per almeno cinque anni, avendo le citate

pronunce fatto riferimento alla necessita' che la presenza dello

straniero in Italia non abbia carattere «episodico» ne' sia di «breve

durata». La normativa impugnata si sottrarrebbe, pertanto, a rilievi

di costituzionalita', avendo il legislatore «correttamente previsto

che l'attribuzione dei benefici assistenziali di natura economica sia

riconosciuta solo agli stranieri che risultino stabilmente inseriti

nel contesto nazionale, cosi' da poter usufruire degli stessi

vantaggi dei cittadini in ragione del loro assoggettamento agli oneri

- economici e non - ai quali questi ultimi sono soggetti».

Considerato in diritto

1. - La Corte d'appello di Genova solleva, in riferimento agli

articoli 2, 3, 32, 34, 38 e 117 della Costituzione, questione di

legittimita' costituzionale del "coordinato disposto" degli articoli

1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina

delle indennita' di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre

1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza

economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e

istituzione di un'indennita' di frequenza per i minori invalidi) e

80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per

la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge

finanziaria 2001), nella parte in cui subordina l'erogazione

dell'indennita' di frequenza per il cittadino minore extracomunitario

alla titolarita' della carta di soggiorno.

Deve precisarsi che la questione, ancorche' formalmente rivolta,

nella prospettazione del giudice rimettente, al "coordinato disposto"

delle due disposizioni indicate, va propriamente riferita alla norma

di cui all'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, in quanto

essa, per l'identificazione della specifica provvidenza economica in

esame, implichi il rinvio all'art. 1 della legge n. 289 del 1990.

Il giudice a quo pone a fulcro delle proprie censure i principi

che questa Corte ha avuto modo di affermare, proprio sul versante

della normativa impugnata, nelle sentenze n. 306 del 2008, in tema di

indennita' di accompagnamento, n. 11 del 2009, in tema di pensione di

inabilita', e, specialmente, n. 187 del 2010, con la quale venne

dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,

qui nuovamente denunciato, nella parte in cui subordinava al

requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione

agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato

dell'assegno mensile di invalidita', di cui all'art. 13 della legge

30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971,

n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), e

successive modificazioni.

Messa in luce l'analogia che e' dato cogliere tra la provvidenza

di cui al giudizio a quo e quelle di cui alle richiamate pronunce,

sotto il profilo dei requisiti richiesti - provvidenze accomunate, in

particolare, dal fatto di essere misure rivolte a garantire

prestazioni assistenziali a persone afflitte da patologie di vario

genere ed in disagiate condizioni economiche, nella specie acuite

dalla circostanza di dirigersi a persone disabili minorenni - si

osserva che la limitazione connessa ad una presenza nel territorio

dello Stato di un periodo minimo di cinque anni, come richiesto per

la concessione della carta di soggiorno, determinerebbe l'insorgenza

di una nutrita gamma di censure sul piano della relativa

compatibilita' costituzionale. A parere del giudice rimettente,

infatti, dalla previsione oggetto di impugnativa deriverebbe, da un

lato, la violazione del principio di uguaglianza e dei parametri

costituzionali che assicurano la protezione di diritti primari

dell'individuo (quali l'istruzione, art. 34; la salute, art. 32; e

l'assistenza sociale, art. 38), nonche' dei doveri di solidarieta'

economica e sociale (art. 2); dall'altro, la violazione del dovere di

esercitare la potesta' legislativa nel rispetto, oltre che della

Costituzione, anche dei vincoli derivanti dall'ordinamento

comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117 Cost.),

essendosi introdotto un regime discriminatorio nei confronti di

cittadini stranieri incompatibile pure con i principi affermati da

questa Corte anche in riferimento alla Convenzione delle Nazioni

Unite sui diritti delle persone con disabilita', ratificata con la

legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione

delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', con

Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e

istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle

persone con disabilita').

2. - Si sono costituiti in giudizio - e hanno poi, in prossimita'

dell'udienza pubblica, depositato memorie illustrative - sia la parte

privata del giudizio a quo, nella qualita' di genitore del minore

interessato alla provvidenza, sia l'INPS, sviluppando gli argomenti

qui esposti in narrativa.

3. - La questione e' fondata.

4. - Come ha correttamente posto in evidenza l'ordinanza di

rimessione, la questione rinviene un precedente specifico nei

principi posti a base della sentenza n. 187 del 2010, nella quale si

osservo' che la provvidenza presa allora in esame, per i requisiti

che ne condizionavano il riconoscimento, rappresentava una erogazione

destinata non gia' ad integrare il minor reddito in relazione alle

condizioni soggettive e alle diminuite capacita' di guadagno, ma a

fornire alla persona un minimo di sostentamento: in linea,

evidentemente, con i principi di inderogabile solidarieta' sociale,

assunti quale valore fondante degli stessi diritti inalienabili

dell'individuo, che non ammettono distinzioni di sorta in dipendenza

di qualsiasi tipo di qualita' o posizione soggettiva e, dunque, anche

in ragione del diverso status di cittadino o di straniero. La

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - si rilevo'

- ha piu' volte avuto modo di sottolineare che, ove si versi - come

era nel caso - in tema di provvidenze destinate a far fronte al

sostentamento della persona, qualsiasi distinzione di regime che

venisse introdotta fra cittadini e stranieri regolarmente

soggiornanti nel territorio dello Stato finirebbe per risultare in

contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall'art.

14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Pertanto, la

normativa allora oggetto di censura, nell'intervenire direttamente e

restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento

delle provvidenze assistenziali dirette a soddisfare esigenze

fondamentali della persona, fu ritenuta contrastante con i limiti

derivanti dal rispetto degli obblighi internazionali, imposto

dall'art. 117, primo comma, Cost., proprio perche' introduttiva di un

regime irragionevolmente discriminatorio nei confronti degli

stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, per

quanto attiene al godimento di diritti da riconoscere ed assicurare a

tutti ed in egual misura.

5. - Tali principi valgono, eo magis, con specifico riferimento

all'istituto assistenziale oggetto dell'attuale quesito di

legittimita' costituzionale, giacche' dalla disamina dei relativi

presupposti e finalita' emerge con chiarezza una gamma di esigenze di

tutela della persona ancor piu' estesa di quella coinvolta dai

diversi - ancorche' finitimi - beneficii di carattere assistenziale

sin qui scrutinati, sotto lo specifico aspetto della peculiare e

restrittiva disciplina per gli stranieri, introdotta dall'art. 80,

comma 19, della legge n. 388 del 2000.

Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare nella richiamata

sentenza n. 187 del 2010, cio' che assume valore dirimente agli

effetti del sindacato ad essa riservato, non e' la denominazione o

l'inquadramento formale della singola provvidenza, quanto, piuttosto,

il concreto atteggiarsi di questa nel panorama delle varie misure e

dei beneficii di ordine economico che il legislatore ha predisposto

quali strumenti di ausilio ed assistenza in favore di categorie

"deboli". Per la compatibilita' costituzionale delle scelte

legislative occorre, infatti, verificare se, «alla luce della

configurazione normativa e della funzione sociale», la misura presa

in considerazione «integri o meno un rimedio destinato a consentire

il concreto soddisfacimento di "bisogni primari" inerenti alla sfera

di tutela della persona umana, che e' compito della Repubblica

promuovere e salvaguardare...».

In tale quadro di riferimento e' agevole avvedersi di come il

riconoscimento della indennita' di frequenza si iscriva nel novero

delle provvidenze, per cosi' dire, "polifunzionali", giacche' i

bisogni che attraverso di essa si intendono soddisfare non si

concentrano soltanto sul versante della salute e della connessa

perdita o diminuzione della capacita' di guadagno, ma, anche, su

quello delle esigenze formative e di assistenza di minori colpiti da

patologie invalidanti e appartenenti a nuclei familiari che versino

in disagiate condizioni economiche.

Stabilisce, infatti, l'art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289

che la indennita' di frequenza - di importo pari all'assegno mensile

riconosciuto agli invalidi civili dall'art. 13 della legge n. 118 del

1971 - viene riconosciuta ai mutilati ed invalidi civili minorenni,

che presentino «difficolta' persistenti a svolgere i compiti e le

funzioni della propria eta'» o siano portatori di un determinato

grado di ipoacusia, al fine di consentire «il ricorso continuo o

anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici a seguito

della loro minorazione». L'indennita' in questione e' altresi'

concessa ai mutilati e invalidi civili minorenni, che si trovino

nelle condizioni anzidette, e «che frequentano scuole, pubbliche o

private, di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna,

nonche' centri di formazione o di addestramento professionale

finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti stessi».

L'indennita' in questione, infine, e' erogata alle medesime

condizioni reddituali stabilite per l'assegno mensile di invalidita'

di cui al citato art. 13 della legge n. 118 del 1971, ed e'

assoggettata al medesimo meccanismo di perequazione automatica.

Un quadro di riferimento, dunque, dal quale traspare,

soprattutto, una finalita' direttamente riconducibile alla

salvaguardia delle esigenze di cura e di assistenza di persone

minorenni portatrici di patologie significative ed invalidanti e,

come tali, direttamente inquadrabili nell'ambito di quegli interventi

di natura solidaristica che l'ordinamento e' chiamato ad approntare;

e cio', come e' ovvio, tanto sul versante specifico della salute, che

su quello del relativo inserimento sociale, con l'attenzione rivolta

a fornire il necessario ausilio, anche economico, per le relative

famiglie, specie nei casi in cui - come i limiti di reddito cui e'

subordinato il beneficio ineluttabilmente attestano - versino in

condizioni disagiate.

Come questa Corte non ha mancato di sottolineare, la tutela della

salute psico-fisica della persona disabile - che costituisce la

finalita' perseguita dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104

(Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti

delle persone handicappate) - postula anche l'adozione di interventi

economici integrativi di sostegno alle famiglie, il cui ruolo resta

fondamentale (sentenza n. 233 del 2005). Accanto a cio', assume un

risalto del tutto peculiare, proprio nella prospettiva di agevolare

l'inserimento sociale del minore portatore di infermita' che ne

ledano la socialita', la relativa frequenza a centri specializzati

nel trattamento terapeutico e riabilitativo e «nel recupero di

persone portatrici di handicap» ovvero a «centri di formazione o di

addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale dei

soggetti stessi», come recita l'art. 1 della legge n. 289 del 1990.

Il tutto, d'altra parte - come segnalato nella ordinanza n. 285 del

2009 - in linea con i principi affermati anche nella Convenzione

delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita',

adottata dalla Assemblea Generale il 13 dicembre 2006 e ratificata

con la legge n. 18 del 2009, ove vengono, fra l'altro, sottolineati,

oltre che l'esigenza di assicurare il pieno rispetto dei diritti

dell'uomo e delle liberta' fondamentali con particolare riguardo ai

bambini con disabilita' (art. 7), anche l'impegno a sviluppare le

misure tese a soddisfare le esigenze educative e rieducative dei

soggetti portatori di disabilita', quelle connesse alla salute e al

lavoro nonche' quelle tese a garantire un adeguato livello di vita e

di protezione sociale.

Il contesto in cui si iscrive la indennita' di frequenza e',

dunque, quanto mai composito e costellato di finalita' sociali che

coinvolgono beni e valori, tutti, di primario risalto nel quadro dei

diritti fondamentali della persona. Si va, infatti, dalla tutela

della infanzia e della salute alle garanzie che devono essere

assicurate, in situazioni di parita', ai portatori di handicap,

nonche' alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il

contesto familiare in cui il minore disabile si trova inserito,

coinvolgendo al tempo stesso l'esigenza di agevolare il futuro

ingresso del minore nel mondo del lavoro e la partecipazione attiva

alla vita sociale.

Ebbene, a fronte di tutto cio', il condizionamento che viene

imposto ai fini del riconoscimento del beneficio in questione per i

minori stranieri, pur regolarmente presenti nel territorio dello

Stato, rappresentato dalla titolarita' della carta di soggiorno,

finisce per determinare, per un periodo minimo di cinque anni -

quello richiesto per il rilascio della carta - una sostanziale

vanificazione, incompatibile non soltanto con le esigenze di

"effettivita'" e di soddisfacimento che i diritti fondamentali

naturalmente presuppongono, ma anche con la stessa specifica funzione

della indennita' di frequenza, posto che - come ha puntualmente messo

in luce il giudice rimettente - l'attesa del compimento del termine

di cinque anni di permanenza nel territorio nazionale potrebbe

«comprimere sensibilmente le esigenze di cura ed assistenza di

soggetti che l'ordinamento dovrebbe invece tutelare», se non,

addirittura, vanificarle in toto.

La normativa di cui qui si discute risulta, dunque, in contrasto,

non solo con l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all'art.

14 della CEDU, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo, ma

anche con i restanti parametri evocati dal giudice a quo, posto che

il trattamento irragionevolmente differenziato che essa impone -

basato sulla semplice condizione di straniero regolarmente

soggiornante sul territorio dello Stato, ma non ancora in possesso

dei requisiti di permanenza utili per conseguire la carta di

soggiorno - viola, ad un tempo, il principio di uguaglianza e i

diritti alla istruzione, alla salute ed al lavoro, tanto piu'

gravemente in quanto essi si riferiscano a minori in condizione di

disabilita'.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,

della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione

del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria

2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarita'

della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari

legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennita'

di frequenza di cui all'art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289

(Modifiche alla disciplina delle indennita' di accompagnamento di cui

alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in

materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi

civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennita' di frequenza

per i minori invalidi).

Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Grossi

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

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