DIRITTO DI CITTADINANZA 
A cura dello studio legale dell'Avv. Marco Pepe   email:  mpepe@tiscali.it

La Circolare K.28.1 per i Sindaci in materia di cittadinanza

 

Circolare n. K. 28.1 - 8 aprile 1991 del Ministero dell'Interno

 Riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano ai cittadini stranieri di ceppo italiano

Si è avuto modo di rilevare come pervengano sempre più numerose richieste di chiarimenti circa le modalità che debbono essere adottate al fine di definire la situazione di cittadinanza di persone provenienti da Paesi esteri (in particolar modo dall’Argentina ma anche dal Brasile o dagli Stati Uniti) e munite di passaporto straniero, le quali rivendicano la titolarità dello status civitatis italiano.

Come è noto, infatti, in virtù della contemporanea operatività del combinato disposto dagli artt. 1 e 7 della Legge 13 giugno 1912, n.555 e delle disposizioni vigenti in materia di cittadinanza di numerosi Paesi esteri d’antica emigrazione italiana (ad es. tutti gli Stati del continente americano, l’Australia, ecc.) attributivi iure soli dello status civitatis. La prole nata sul territorio dello Stato d’emigrazione (Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Venezuela, ecc.) da padre cittadino italiano acquisiva dalla nascita il possesso tanto della cittadinanza italiana (in derivazione paterna) quanto della cittadinanza dello Stato di nascita e permaneva nella condizione di bipolidia anche nel caso in cui il genitore, durante l’età minorile, mutasse cittadinanza naturalizzandosi. straniero.

Nel contempo, anche i soggetti nati in uno Stato estero il quale attribuisce la cittadinanza iure soli e riconosciuti dal padre cittadino o la cui paternità sia stata dichiarata giudizialmente risultano versare nella medesima situazione di doppia cittadinanza.

Da ciò deriva la concreta possibilità che i discendenti di seconda terza e quarta generazione ed oltre di nostri emigrati siano investiti della cittadinanza italiana.

Detta eventualità si è ancor più estesa per gli appartenenti a famiglie di antica origine italiana i quali siano nati dopo il 1° gennaio 1948 in quanto, a partire da tale data, debbono essere considerati, secondo il dettato della sentenza n. 30 del 9 febbraio 1983 della Corte Costituzionale, cittadini italiani all’epoca della loro nascita ovvero riconosciuti dalla madre o la cui maternità sia stata giudizialmente dichiarata.

Ne consegue che pure i discendenti di nostra emigrante sono da reputarsi cittadini italiani iure sanguininis in derivazione materna purché nati dopo il I° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione repubblicana.

Si fa, tuttavia, presente che il riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano all’anzidetta categoria di persone deve essere subordinato al verificarsi di determinate condizioni ed al documentato accertamento di alcune essenziali circostanze.

  1. Condizioni preliminari per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Innanzi tutto occorre chiarire che, dovendo l’eventuale possesso dello status civitatis italiano essere certificato dal Sindaco del Comune italiano di residenza, potrà essere avviato il relativo procedimento su istanza degli interessati, solo ove costoro risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione residente di un Comune italiano.

Peraltro, l’iscrizione anagrafica di queste persone, entrate in Italia con passaporto straniero, deve seguire le modalità disciplinanti l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente degli stranieri e presuppone, da parte degli interessati, l’espletamento degli adempimenti di cui alle disposizioni vigenti in materia. Si soggiunge, altresì, che qualora l’iscrizione anagrafica delle anzidette persone non risultasse possibile in quanto costoro non possono annoverarsi tra la popolazione residente secondo la nozione di cui all’art. 3 del D.P.R. 30 maggio 1989, n.123, la procedura di riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano dovrà essere espletata, su apposita istanza, dalla Rappresentanza consolare italiana competente in relazione alla località straniera di dimora abituale dei soggetti rivendicanti la titolarità della cittadinanza italiana.

  1. Procedura per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Le istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana ex articolo 1 della legge 13 giugno 1912, n.555 dovranno essere indirizzate al Sindaco del Comune italiano di residenza, ovvero al Console italiano nell’ambito della cui circoscrizione consolare risieda l’istante straniero originario italiano.

Le stesse dovranno essere corredate dalla seguente documentazione:

  1. estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal Comune italiano ove egli nacque;
  2. atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
  3. atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero;
  4. atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
  5. certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato;
  6. certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea diretta né la persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
  7. certificato di residenza.

 

Si precisa che l’istanza, presentata in Italia, dovrà essere redatta su carta legale e che i certificati forniti a corredo della medesima, ove rilasciati in Italia da Autorità italiane, dovranno essere prodotti in conformità con le disposizioni vigenti in materia di bollo. I certificati rilasciati da Autorità straniere dovranno essere redatti su carta semplice ed opportunamente legalizzati salvo che non sia previsto l’esonero dalla legalizzazione in base a convenzioni internazionali ratificate dall’Italia. I medesimi documenti dovranno essere muniti di traduzione ufficiale in lingua italiana la quale, se gli stessi sono esibiti in Italia, dovrà essere redatta su carta da bollo.

Si fa, ancora, presente che, allo scopo di poter accertare in modo compiuto il mancato esercizio – da parte dei soggetti reclamanti il possesso della cittadinanza italiana - della facoltà di rinunziarvi ex art.7 della richiamata Legge n. 555/1912 si rende necessario, da un lato, svolgere adeguate indagini presso il comune italiano d’origine o di ultima residenza dell’avo italiano emigrato all’estero ovvero presso il Comune di Roma e, dall’altro lato, contattare direttamente tutte le Rappresentanze consolari italiane competenti per le varie località estere ove gli individui in questione abbiano risieduto o, se del caso, consultare opportunamente il Ministero degli Affari Esteri – Direzione Generale dell’Emigrazione e degli Affari Sociali – Ufficio VIII perché interpelli i dipendenti Uffici Consolari interessati.

I Signori Sindaci, verificata altresì la fondatezza della pretesa avanzata dagli istanti a vedersi attribuita iure sanguininis la cittadinanza italiana, disporranno la trascrizione degli atti di stato civile relativi ai soggetti riconosciuti nostri connazionali e potranno procedere al rilascio dell’apposita certificazione di cittadinanza nonché agli altri conseguenti incombenti di competenza.

I Signori Sindaci vorranno, infine, dare comunicazione delle determinazioni assunte alle SS.LL. alle locali Autorità di P.S. ed a questo Ministero.

Nel caso in cui, invece, insorgessero dubbi circa l’effettiva situazione di cittadinanza dei richiedenti il nostro status civitatis. i Signori Sindaci sono pregati di interpellare questo Ministero trasmettendo il relativo carteggio.

Si prega di diramare le opportune istruzioni ai Sindaci dei Comuni della Provincia e di fornire assicurazione.


PROCEDURE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA AGLI STRANIERI DORIGINE ITALIANA

Con la circolare n. K.28.1 dell'8 aprile 1991, il Ministero dell'interno ebbe modo di prendere in considerazione le situazioni di quegli stranieri che, appartenendo a ceppo italiano, chiedano il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza. Tale circolare doveva, al tempo della sua emanazione, considerarsi in qualche modo inutile, limitandosi a fornire indicazioni del tutto coerenti con quelle che dovevano essere le procedure consolidate, dal momento che essa altro non fa se non organizzare in modo sistematico quello che avrebbe sempre essere dovuto essere fatto, sulla base delle norme storicamente vigenti, non trascurando di ricordare i precisi obblighi che hanno sempre gravato sui cittadini italiani che si trovavano all'estero. Tuttavia, le indicazioni della circolare hanno consentito di riproporre quella chiarezza che, evidentemente, era andata smarrita, magari a seguito di comportamenti quanto meno leggeri. Si tratta di una questione che sembra essere nuovamente emergente, così che è opportuno riprenderla per precisare le procedure da seguire, anche considerando sia l'avvenuta modificazione della legge sulla cittadinanza, legge 5 febbraio 1992, n. 91, l'emanazione del relativo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572) e, più recentemente, le innovazioni derivanti dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 2001. Con il presente, si intende ri-proporre gli elementi di procedimento, necessari ed ineliminabili per il riconoscimento della condizione di cittadinanza italiana di queste persone, precisando che, in ogni caso, il relativo procedimento è avviato unicamente ad istanza della parte che vi ha interesse.

Presentazione dell'istanza
A) L'istanza va ordinariamente redatta previo assolvimento dell'imposta di bollo, secondo la regola generale per la quale qualsiasi istanza rivolta ad una pubblica amministrazione intesa ad ottenere un provvedimento amministrativo è soggetta all'imposta di bollo fin dall'origine.
1) L'istanza va presentata al sindaco, Ufficiale del governo, del comune di dimora abituale, cioè quello in cui sia stata richiesta ed ottenuta l'iscrizione anagrafica e sussista la residenza legale, quale definita dall'art. 1, comma 2, lettera a) decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572.
Ai fini dell'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, la persona interessata deve presentare il passaporto, il permesso di soggiorno (articolo 6, comma 7 D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286), nonché gli atti autentici (cioè: debitamente legalizzati e tradotti in forma ufficiale nella lingua italiana) rilasciati dalle autorità competenti del Paese di provenienza attestanti la composizione della famiglia (art. 14, comma 1 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).
Per quanto riguarda il permesso di soggiorno, va precisato che esso deve essere rilasciato per un motivo compatibile con la dimora abituale, dal momento che la sua titolarità importa che l'iscrizione debba avere luogo secondo le norme vigenti per i cittadini italiani, con la conseguenza che non risulta possibile accogliere un'eventuale istanza di iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente quando il permesso di soggiorno sia rilasciato per turismo, per cure, per determinati motivi religiosi (es.: pellegrinaggio), per motivi umanitari, per motivi di speciale protezione, per motivi di giustizia e in tutti gli altri casi in cui il motivo per cui il permesso di soggiorno non consente o contrasta con la dimora abituale (art. 2 legge 24 dicembre 1954, n. 1228).
Nel caso in cui l'istanza fosse presentata ad un comune italiano diverso, essa va rigettata con atto scritto e motivato, debitamente comunicato alla parte proponente, con l'indicazione dell'autorità cui ricorrere e dei termini per un eventuale ricorso.
2) L'istanza va presentata al consolato italiano, quale Ufficiale del Governo nella circoscrizione consolare, territorialmente competente (art. 7 decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1067, n. 200), in tutti gli altri casi.

Documenti da allegare all'istanza
I documenti da presentare sono quelli elencati nella stessa circolare che si trascrivono testualmente, con le note ed aggiornamenti opportuni:
1) estratto dell'atto di nascita dell'avo italiano emigrato all'estero, rilasciato dal comune italiano dove egli nacque;
2) atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale nella lingua italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
E' importante sottolineare che gli atti da presentare devono riguardare tutti i discendenti dell'emigrante e non solo quelli che siano ascendenti diretti della persona che abbia presentato l'istanza di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana.
3) atto di matrimonio dell'avo italiano emigrato all'estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all'estero;
Anche se sembra implicito, va presentato anche l'atto di morte, in quanto l'obbligo della trascrizione degli atti dello stato civile formati all'estero riguarda tutti gli atti di stato civile riguardanti cittadini italiani.
4) atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso qullo dei genitori della persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
Anche se sembra implicito, vanno presentati anche gli eventuali atti di morte, in quanto l'obbligo della trascrizione degli atti dello stato civile formati all'estero riguarda tutti gli atti di stato civile riguardanti cittadini italiani.
5) certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l'avo italiano a suo tempo emigrato dall'Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell'ascendente dell'interessato;
6) certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell'art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
Il riferimento normativo va esteso anche all'art. 11 legge 5 febbraio 1992, n. 91 per il periodo di residenza all'estero successivo al 15 agosto 1992.
7) certificato di residenza.
La richiesta di tale certificato contrastava, al momento in cui la circolare è stata emanata, con l'art. 10 legge 4 gennaio 1968, n. 15, mentre oggi contrasta con l'art. 43 decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dovendo esso essere acquisito d'ufficio, mentre non trova applicazione il ricorso alle dichiarazioni sostitutive di certificazione, trattandosi di stranieri ai quali si applica l'art. 3 decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Per tutti gli atti formali all'estero, è necessaria la legalizzazione, salvo che non si tratti di atti e documenti formati in Paesi con i quali siano vigenti convenzioni, trattati od accordi, sia multilaterali sia bilaterali, per la riduzione o esenzione dalla legalizzazione (art. 33 decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445), nonché la traduzione in forma ufficiale nella lingua italiana. Tenendo presente l'art. 3, comma 4 decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la traduzione deve comune essere autenticata dall'autorità consolare, previa ammonizione sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri, cosa che importa una limitazione di quanto previsto all'art. 33, comma 3 stesso decreto del Presidente della Repubblica.
Va tenuto presente che legalizzazione e traduzione costituiscono procedimenti amministrativi distinti e separati, anche se possono concorrere, per cui è sempre necessario che l'atto straniero sia legalizzato e, distintamente, tradotto. Ad esempio, la dichiarazione di autenticità della traduzione non costituisce legalizzazione dell'atto emesso all'estero.
I documenti rilasciati da autorità italiane devono avere assolto l'imposta di bollo sin dall'origine, salvo i casi di espressa esenzione, con la precisazione che la disposizione legislativa che prevede l'esenzione va richiamata nel documento.

Adempimenti dell'Ufficiale di Governo, a seguito di presentazione dell'istanza di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana
Quando sia stata presentata istanza di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana, l'Ufficiale del Governo (sindaco, nel caso in cui il richiedente sia legalmente residente in Italia e, in quanto tale, iscritto nell'anagrafe della popolazione residente) deve disporre - d'ufficio- accertamenti presso il comune di nascita e quello di emigrazione, cioè di ultima residenza in Italia, dell'avo emigrato, nonché presso il comune di Roma e presso le rappresentanze diplomatiche e consolari nella cui circoscrizioni abbia abitato l'emigrato e tutti i suoi discendenti o, se del caso, consultare il Ministero degli affari esteri (Direzione generale dell'emigrazione e degli affari sociali, Ufficio VII) a questo fine.
Tali accertamenti riguardano:
Presso il comune di nascita dell'emigrato: accertamento della nascita ed attestazione della titolarità della cittadinanza italiana alla nascita dell'emigrato.
Presso il comune di ultima residenza in Italia: accertamento della titolarità della cittadinanza italiana al momento dell'emigrazione, nonché eventuale accertamento se gli atti di matrimonio e di morte dell'emigrato siano stati trascritti nei registri per gli atti dello stato civile ed accertamento dell'eventuale trascrizione in detto comune di altri atti dello stato civile relativi ai discendenti dall'emigrato (anche se dette trascrizioni non avrebbero avervi dovuto avere luogo, stante quanto previsto dall'art. 51 regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238, abrogato dal 30 marzo 2001).
Presso il comune di Roma: accertamento dell'eventuale avvenuta trascrizione di atti dello stato civile relativi ai discendenti dall'emigrato (od, eccezionalmente, relativi all'emigrato stesso), inclusi quelli relativi a chi abbia presentato l'istanza.
Presso altri comuni: nell'eventualità che emergano ipotesi per cui atti dello stato civile possano eventualmente essere stati trascritti in altri comuni, gli accertamenti andranno disposti anche nei confronti di tali comuni, senza considerare se le trascrizioni abbiano avuto modo legittimamente o in violazione dei criteri di competenza territoriale stabiliti.
Nell'effettuare gli accertamenti, l'Ufficiale del Governo deve tenere presente che l'art. 51 dell'abrogato regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 dettava criteri di competenza territoriale per gli atti di nascita, di matrimonio e di morte, che erano diversi dai criteri dettati dall'art. 63, comma 2 per gli atti di cittadinanza, dovendosi anche accertare che non siano stati trascritti in Italia atti di rinuncia alla cittadinanza italiana effettuati a termini dell'art. 7 legge 13 giugno 1912, n. 555 e, dal 15 agosto 1992, a termini dell'art. 11 legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Presso le rappresentanze diplomatiche e consolari: accertamento che l'avo emigrato non aveva ottenuto la cittadinanza straniera, nonché accertamenti che tutti i discendenti dall'avo emigrato, compresa la persona che ha presentato l'istanza, abbiano mai rinunciato alla cittadinanza italiana (ovvero, non abbiano ottenuto la cittadinanza straniera per motivo diverso dalla nascita sul territorio dello Stato straniero).
Dovendosi effettuare questi accertamenti presso le rappresentanze diplomatiche e consolari territorialmente competenti e, considerando che i vari soggetti per i quali vanno disposti gli accertamenti possono avere mutato, nel tempo, abitazione in diverse circoscrizioni consolari, spetta a chi presenta l'istanza indicare, nel suo contesto, i vari indirizzi di abitazione da tutti avuti all'estero, con la precisazione dei periodi in cui vi hanno abitato.

Quando l'Ufficiale del Governo, a seguito ed a completamento dell'attività di indagine e di accertamento documentale di cui sopra, abbia verificato la fondatezza della pretesa avanzata con l'istanza, adotterà provvedimento attestativi, con cui, tra l'altro, disporrà per la trascrizione degli atti dello stato civile relativi a tutti gli interessati che danno causa al possesso della cittadinanza italiana in capo al pretendente.
Se fino al 29 marzo 2001 gli atti di nascita, di matrimonio, di morte andavano trascritti nei comuni individuati secondo i criteri stabiliti dall'art. 51 regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 e gli atti afferenti alla cittadinanza trascritti nei comuni individuati secondo i criteri stabiliti dall'art. 63, comma 2 stesso regio decreto, a partire dal 30 marzo 2001 trova applicazione l'art. 17 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 e, per gli atti di cittadinanza, l'art. 26 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. Indipendentemente dal riferimento normativo, in ogni caso, l'art. 17 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 va applicato considerando che la tardività della trascrizione importa solo che si sia in presenza di un'infrazione alle disposizioni delle norme sul servizio dello stato civile, infrazione oggi non più nemmeno sanzionata, ma non viene a mutare la competenza territoriale, che si determina rispetto al comune che sarebbe stato competente nel caso in cui la trascrizione fosse avvenuta tempestivamente e, cioè, con riferimento al comune individuato secondo i criteri (tra loro gerarchici) dell'art. 17 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 al momento del singolo evento (nascita, matrimonio, morte), come se l'obbligo della trascrizione fosse stato tempestivamente assolto.

Una volta che siano state compiute le trascrizioni di tutti gli atti, avendone l'Ufficiale del Governo avuta assicurazione, potrà procedersi all'adozione di altra attestazione (art. 16, comma 8 decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572) nella quale si da atto del perfezionamento dell'intero procedimento e al richiedente potrà essere rilasciato un certificato di cittadinanza e disposte le comunicazioni al prefetto, al Ministero dell'interno, al Ministero degli affari esteri, alla questura, all'ufficio anagrafe, all'ufficio elettorale, all'ufficio leva militare e quant'altro.
Tale attestazione, definite nella circolare n. K.28.1 dell'8 aprile 1991 come determinazioni, sono oggi oggetto di trascrizione (per sunto) nei registri dello stato civile alla luce, oggi, dell'art. 24, comma 2 , lettera b) decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 e di annotazione (art. 49 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396).

Nel caso in cui Ufficiale del Governo non sia il sindaco, trattandosi di persona non residente in Italia, i relativi adempimenti sono svolti dall'autorità consolare, sostanzialmente in termini analoghi e, anche in questo caso, l'effettiva presa d'atto della condizione di cittadinanza italiana (rilascio di un certificato di cittadinanza e del passaporto) avrà luogo solo una volta perfezionato l'intero procedimento.

Se la circolare non ha costituito una particolare innovazione, ma si è limitata ad organizzare in modo semplice e chiaro quello che avrebbe sempre essere dovuto essere stato fatto, la sua emanazione costituisce il segnale che i comportamenti materiali precedenti non sempre andavano nella direzione in cui avrebbero dovuto essere andati. Il fenomeno dei comportamenti materiali divergenti non risulta essere stato pienamente superato neppure dopo la sua emanazione, tanto che risulta che non sempre le indicazioni, elementari e chiare, della circolare abbiano avuto, talora, fare i conti con modalità operative che non sempre hanno tenuto in debito conto tutte le indicazioni della circolare. Il caso più frequente di queste alterazioni nei comportamenti materiali è quello per cui sono state presentate istanze corredate unicamente dagli atti dei discendenti dall'avo emigrato che davano causa al richiedente e non di tutti i discendenti dell'avo emigrato, con la conseguenza che, spesso, fratelli o cugini (o, al limite, bis cugini) dovevano ripetere l'intero iter compiuto dai propri collaterali dall'inizio, comportamenti talora favoriti anche dal personale delle rappresentanze diplomatiche e consolari, per vari motivi, non ultimo quello di un approccio formalistico e la sottovalutazione che queste procedure sono lo specchio di inadempienze, di infrazioni reiterate nel tempo per generazioni.
Verificandosi queste alterazioni, in sede di istanza, nonché nel corso degli accertamenti e delle indagini da compiere, deve essere prestata adeguata attenzione all'eventualità che vi siano atti di stato civile già trascritti, senza fermarsi al solo comune di nascita, di emigrazione od a quello di Roma, ma approfondire gli accertamenti presso tutti i comuni in cui ciò possa, lecitamente o illecitamente, essere avvenuto, acquisendone le eventuali documentazioni, positive o negative, che consentano di valutare la sussistenza delle condizioni di diritto del possesso della cittadinanza italiana. Qualora emerga che vi siano atti già trascritti, comunque ciò sia avvenuto, o magari il già avvenuto riconoscimento della titolarità della condizione di cittadinanza italiana, ciò potrà consentire di facilitare il richiedente che potrà fornire indicazioni e/o produrre gli atti relativi, anche se emessi da comuni diversi da quello di attuale residenza del postulante, fino al punto che tali atti possono sostituire gli atti autentici emessi nello Stato straniero.