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La Circolare K.28.1 per i Sindaci in materia di cittadinanza
Le istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana ex articolo 1 della legge 13 giugno 1912, n.555 dovranno essere indirizzate al Sindaco del Comune italiano di residenza, ovvero al Console italiano nell’ambito della cui circoscrizione consolare risieda l’istante straniero originario italiano. Le stesse dovranno essere corredate dalla seguente documentazione:
Si precisa che l’istanza, presentata in Italia, dovrà essere redatta su carta legale e che i certificati forniti a corredo della medesima, ove rilasciati in Italia da Autorità italiane, dovranno essere prodotti in conformità con le disposizioni vigenti in materia di bollo. I certificati rilasciati da Autorità straniere dovranno essere redatti su carta semplice ed opportunamente legalizzati salvo che non sia previsto l’esonero dalla legalizzazione in base a convenzioni internazionali ratificate dall’Italia. I medesimi documenti dovranno essere muniti di traduzione ufficiale in lingua italiana la quale, se gli stessi sono esibiti in Italia, dovrà essere redatta su carta da bollo. Si fa, ancora, presente che, allo scopo di poter accertare in modo compiuto il mancato esercizio – da parte dei soggetti reclamanti il possesso della cittadinanza italiana - della facoltà di rinunziarvi ex art.7 della richiamata Legge n. 555/1912 si rende necessario, da un lato, svolgere adeguate indagini presso il comune italiano d’origine o di ultima residenza dell’avo italiano emigrato all’estero ovvero presso il Comune di Roma e, dall’altro lato, contattare direttamente tutte le Rappresentanze consolari italiane competenti per le varie località estere ove gli individui in questione abbiano risieduto o, se del caso, consultare opportunamente il Ministero degli Affari Esteri – Direzione Generale dell’Emigrazione e degli Affari Sociali – Ufficio VIII perché interpelli i dipendenti Uffici Consolari interessati. I Signori Sindaci, verificata altresì la fondatezza della pretesa avanzata dagli istanti a vedersi attribuita iure sanguininis la cittadinanza italiana, disporranno la trascrizione degli atti di stato civile relativi ai soggetti riconosciuti nostri connazionali e potranno procedere al rilascio dell’apposita certificazione di cittadinanza nonché agli altri conseguenti incombenti di competenza. I Signori Sindaci vorranno, infine, dare comunicazione delle determinazioni assunte alle SS.LL. alle locali Autorità di P.S. ed a questo Ministero. Nel caso in cui, invece, insorgessero dubbi circa l’effettiva situazione di cittadinanza dei richiedenti il nostro status civitatis. i Signori Sindaci sono pregati di interpellare questo Ministero trasmettendo il relativo carteggio. Si prega di diramare le opportune istruzioni ai Sindaci dei Comuni della Provincia e di fornire assicurazione. |
PROCEDURE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA AGLI STRANIERI DORIGINE ITALIANA
Con la circolare n. K.28.1 dell'8 aprile 1991, il Ministero dell'interno ebbe modo di prendere in considerazione le situazioni di quegli stranieri che, appartenendo a ceppo italiano, chiedano il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza. Tale circolare doveva, al tempo della sua emanazione, considerarsi in qualche modo inutile, limitandosi a fornire indicazioni del tutto coerenti con quelle che dovevano essere le procedure consolidate, dal momento che essa altro non fa se non organizzare in modo sistematico quello che avrebbe sempre essere dovuto essere fatto, sulla base delle norme storicamente vigenti, non trascurando di ricordare i precisi obblighi che hanno sempre gravato sui cittadini italiani che si trovavano all'estero. Tuttavia, le indicazioni della circolare hanno consentito di riproporre quella chiarezza che, evidentemente, era andata smarrita, magari a seguito di comportamenti quanto meno leggeri. Si tratta di una questione che sembra essere nuovamente emergente, così che è opportuno riprenderla per precisare le procedure da seguire, anche considerando sia l'avvenuta modificazione della legge sulla cittadinanza, legge 5 febbraio 1992, n. 91, l'emanazione del relativo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572) e, più recentemente, le innovazioni derivanti dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 2001. Con il presente, si intende ri-proporre gli elementi di procedimento, necessari ed ineliminabili per il riconoscimento della condizione di cittadinanza italiana di queste persone, precisando che, in ogni caso, il relativo procedimento è avviato unicamente ad istanza della parte che vi ha interesse.
Presentazione
dell'istanza
A)
L'istanza va ordinariamente redatta previo assolvimento
dell'imposta di bollo, secondo la regola generale per la
quale qualsiasi istanza rivolta ad una pubblica
amministrazione intesa ad ottenere un provvedimento
amministrativo è soggetta all'imposta di bollo fin
dall'origine.
1) L'istanza va presentata al sindaco, Ufficiale del
governo, del comune di dimora abituale, cioè quello in cui
sia stata richiesta ed ottenuta l'iscrizione anagrafica e
sussista la residenza legale, quale definita dall'art. 1,
comma 2, lettera a) decreto del Presidente della Repubblica
12 ottobre 1993, n. 572.
Ai fini dell'iscrizione nell'anagrafe della popolazione
residente, la persona interessata deve presentare il
passaporto, il permesso di soggiorno (articolo 6, comma 7 D.
Lgs. 25 luglio 1998, n. 286), nonché gli atti autentici
(cioè: debitamente legalizzati e tradotti in forma
ufficiale nella lingua italiana) rilasciati dalle autorità
competenti del Paese di provenienza attestanti la
composizione della famiglia (art. 14, comma 1 decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223).
Per quanto riguarda il permesso di soggiorno, va precisato
che esso deve essere rilasciato per un motivo compatibile
con la dimora abituale, dal momento che la sua titolarità
importa che l'iscrizione debba avere luogo secondo le norme
vigenti per i cittadini italiani, con la conseguenza che non
risulta possibile accogliere un'eventuale istanza di
iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente quando
il permesso di soggiorno sia rilasciato per turismo, per
cure, per determinati motivi religiosi (es.:
pellegrinaggio), per motivi umanitari, per motivi di
speciale protezione, per motivi di giustizia e in tutti gli
altri casi in cui il motivo per cui il permesso di soggiorno
non consente o contrasta con la dimora abituale (art. 2
legge 24 dicembre 1954, n. 1228).
Nel caso in cui l'istanza fosse presentata ad un comune
italiano diverso, essa va rigettata con atto scritto e
motivato, debitamente comunicato alla parte proponente, con
l'indicazione dell'autorità cui ricorrere e dei termini per
un eventuale ricorso.
2) L'istanza va presentata al consolato italiano, quale
Ufficiale del Governo nella circoscrizione consolare,
territorialmente competente (art. 7 decreto del Presidente
della Repubblica 5 gennaio 1067, n. 200), in tutti gli altri
casi.
Documenti
da allegare all'istanza
I
documenti da presentare sono quelli elencati nella stessa
circolare che si trascrivono testualmente, con le note ed
aggiornamenti opportuni:
1) estratto dell'atto di nascita dell'avo italiano
emigrato all'estero, rilasciato dal comune italiano dove
egli nacque;
2) atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale nella
lingua italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta,
compreso quello della persona rivendicante il possesso della
cittadinanza italiana;
E' importante sottolineare che gli atti da presentare
devono riguardare tutti i discendenti dell'emigrante e non
solo quelli che siano ascendenti diretti della persona che
abbia presentato l'istanza di riconoscimento del possesso
della cittadinanza italiana.
3) atto di matrimonio dell'avo italiano emigrato
all'estero, munito di traduzione ufficiale italiana se
formato all'estero;
Anche se sembra implicito, va presentato anche l'atto di
morte, in quanto l'obbligo della trascrizione degli atti
dello stato civile formati all'estero riguarda tutti gli
atti di stato civile riguardanti cittadini italiani.
4) atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea
retta, compreso qullo dei genitori della persona
rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
Anche se sembra implicito, vanno presentati anche gli
eventuali atti di morte, in quanto l'obbligo della
trascrizione degli atti dello stato civile formati
all'estero riguarda tutti gli atti di stato civile
riguardanti cittadini italiani.
5) certificato rilasciato dalle competenti Autorità
dello Stato estero di emigrazione, munito di traduzione
ufficiale in lingua italiana, attestante che l'avo italiano
a suo tempo emigrato dall'Italia non acquistò la
cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente
alla nascita dell'ascendente dell'interessato;
6) certificato rilasciato dalla competente Autorità
consolare italiana attestante che né gli ascendenti in
linea retta né la persona rivendicante il possesso della
cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini
dell'art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
Il riferimento normativo va esteso anche all'art. 11 legge 5
febbraio 1992, n. 91 per il periodo di residenza all'estero
successivo al 15 agosto 1992.
7) certificato di residenza.
La richiesta di tale certificato contrastava, al momento
in cui la circolare è stata emanata, con l'art. 10 legge 4
gennaio 1968, n. 15, mentre oggi contrasta con l'art. 43
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445, dovendo esso essere acquisito d'ufficio, mentre non
trova applicazione il ricorso alle dichiarazioni sostitutive
di certificazione, trattandosi di stranieri ai quali si
applica l'art. 3 decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445.
Per tutti gli atti formali all'estero, è necessaria la
legalizzazione, salvo che non si tratti di atti e documenti
formati in Paesi con i quali siano vigenti convenzioni,
trattati od accordi, sia multilaterali sia bilaterali, per
la riduzione o esenzione dalla legalizzazione (art. 33
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445), nonché la traduzione in forma ufficiale nella lingua
italiana. Tenendo presente l'art. 3, comma 4 decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la
traduzione deve comune essere autenticata dall'autorità
consolare, previa ammonizione sulle conseguenze penali della
produzione di atti o documenti non veritieri, cosa che
importa una limitazione di quanto previsto all'art. 33,
comma 3 stesso decreto del Presidente della Repubblica.
Va tenuto presente che legalizzazione e traduzione
costituiscono procedimenti amministrativi distinti e
separati, anche se possono concorrere, per cui è sempre
necessario che l'atto straniero sia legalizzato e,
distintamente, tradotto. Ad esempio, la dichiarazione di
autenticità della traduzione non costituisce legalizzazione
dell'atto emesso all'estero.
I documenti rilasciati da autorità italiane devono avere
assolto l'imposta di bollo sin dall'origine, salvo i casi di
espressa esenzione, con la precisazione che la disposizione
legislativa che prevede l'esenzione va richiamata nel
documento.
Adempimenti
dell'Ufficiale di Governo, a seguito di presentazione
dell'istanza di riconoscimento del possesso della
cittadinanza italiana
Quando
sia stata presentata istanza di riconoscimento del possesso
della cittadinanza italiana, l'Ufficiale del Governo
(sindaco, nel caso in cui il richiedente sia legalmente
residente in Italia e, in quanto tale, iscritto
nell'anagrafe della popolazione residente) deve disporre -
d'ufficio- accertamenti presso il comune di nascita e quello
di emigrazione, cioè di ultima residenza in Italia,
dell'avo emigrato, nonché presso il comune di Roma e presso
le rappresentanze diplomatiche e consolari nella cui
circoscrizioni abbia abitato l'emigrato e tutti i suoi
discendenti o, se del caso, consultare il Ministero degli
affari esteri (Direzione generale dell'emigrazione e degli
affari sociali, Ufficio VII) a questo fine.
Tali accertamenti riguardano:
Presso il comune di nascita dell'emigrato: accertamento
della nascita ed attestazione della titolarità della
cittadinanza italiana alla nascita dell'emigrato.
Presso il comune di ultima residenza in Italia: accertamento
della titolarità della cittadinanza italiana al momento
dell'emigrazione, nonché eventuale accertamento se gli atti
di matrimonio e di morte dell'emigrato siano stati
trascritti nei registri per gli atti dello stato civile ed
accertamento dell'eventuale trascrizione in detto comune di
altri atti dello stato civile relativi ai discendenti
dall'emigrato (anche se dette trascrizioni non avrebbero
avervi dovuto avere luogo, stante quanto previsto dall'art.
51 regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238, abrogato dal 30
marzo 2001).
Presso il comune di Roma: accertamento dell'eventuale
avvenuta trascrizione di atti dello stato civile relativi ai
discendenti dall'emigrato (od, eccezionalmente, relativi
all'emigrato stesso), inclusi quelli relativi a chi abbia
presentato l'istanza.
Presso altri comuni: nell'eventualità che emergano ipotesi
per cui atti dello stato civile possano eventualmente essere
stati trascritti in altri comuni, gli accertamenti andranno
disposti anche nei confronti di tali comuni, senza
considerare se le trascrizioni abbiano avuto modo
legittimamente o in violazione dei criteri di competenza
territoriale stabiliti.
Nell'effettuare gli accertamenti, l'Ufficiale del Governo
deve tenere presente che l'art. 51 dell'abrogato regio
decreto 9 luglio 1939, n. 1238 dettava criteri di competenza
territoriale per gli atti di nascita, di matrimonio e di
morte, che erano diversi dai criteri dettati dall'art. 63,
comma 2 per gli atti di cittadinanza, dovendosi anche
accertare che non siano stati trascritti in Italia atti di
rinuncia alla cittadinanza italiana effettuati a termini
dell'art. 7 legge 13 giugno 1912, n. 555 e, dal 15 agosto
1992, a termini dell'art. 11 legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Presso le rappresentanze diplomatiche e consolari:
accertamento che l'avo emigrato non aveva ottenuto la
cittadinanza straniera, nonché accertamenti che tutti i
discendenti dall'avo emigrato, compresa la persona che ha
presentato l'istanza, abbiano mai rinunciato alla
cittadinanza italiana (ovvero, non abbiano ottenuto la
cittadinanza straniera per motivo diverso dalla nascita sul
territorio dello Stato straniero).
Dovendosi effettuare questi accertamenti presso le
rappresentanze diplomatiche e consolari territorialmente
competenti e, considerando che i vari soggetti per i quali
vanno disposti gli accertamenti possono avere mutato, nel
tempo, abitazione in diverse circoscrizioni consolari,
spetta a chi presenta l'istanza indicare, nel suo contesto,
i vari indirizzi di abitazione da tutti avuti all'estero,
con la precisazione dei periodi in cui vi hanno abitato.
Quando
l'Ufficiale del Governo, a seguito ed a completamento
dell'attività di indagine e di accertamento documentale di
cui sopra, abbia verificato la fondatezza della pretesa
avanzata con l'istanza, adotterà provvedimento attestativi,
con cui, tra l'altro, disporrà per la trascrizione degli
atti dello stato civile relativi a tutti gli interessati che
danno causa al possesso della cittadinanza italiana in capo
al pretendente.
Se fino al 29 marzo 2001 gli atti di nascita, di matrimonio,
di morte andavano trascritti nei comuni individuati secondo
i criteri stabiliti dall'art. 51 regio decreto 9 luglio
1939, n. 1238 e gli atti afferenti alla cittadinanza
trascritti nei comuni individuati secondo i criteri
stabiliti dall'art. 63, comma 2 stesso regio decreto, a
partire dal 30 marzo 2001 trova applicazione l'art. 17
decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.
396 e, per gli atti di cittadinanza, l'art. 26 decreto del
Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
Indipendentemente dal riferimento normativo, in ogni caso,
l'art. 17 decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre
2000, n. 396 va applicato considerando che la tardività
della trascrizione importa solo che si sia in presenza di
un'infrazione alle disposizioni delle norme sul servizio
dello stato civile, infrazione oggi non più nemmeno
sanzionata, ma non viene a mutare la competenza
territoriale, che si determina rispetto al comune che
sarebbe stato competente nel caso in cui la trascrizione
fosse avvenuta tempestivamente e, cioè, con riferimento al
comune individuato secondo i criteri (tra loro gerarchici)
dell'art. 17 decreto del Presidente della Repubblica 3
novembre 2000, n. 396 al momento del singolo evento
(nascita, matrimonio, morte), come se l'obbligo della
trascrizione fosse stato tempestivamente assolto.
Una
volta che siano state compiute le trascrizioni di tutti gli
atti, avendone l'Ufficiale del Governo avuta assicurazione,
potrà procedersi all'adozione di altra attestazione (art.
16, comma 8 decreto del Presidente della Repubblica 12
ottobre 1993, n. 572) nella quale si da atto del
perfezionamento dell'intero procedimento e al richiedente
potrà essere rilasciato un certificato di cittadinanza e
disposte le comunicazioni al prefetto, al Ministero
dell'interno, al Ministero degli affari esteri, alla
questura, all'ufficio anagrafe, all'ufficio elettorale,
all'ufficio leva militare e quant'altro.
Tale attestazione, definite nella circolare n. K.28.1 dell'8
aprile 1991 come determinazioni, sono oggi oggetto di
trascrizione (per sunto) nei registri dello stato civile
alla luce, oggi, dell'art. 24, comma 2 , lettera b)
decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.
396 e di annotazione (art. 49 decreto del Presidente della
Repubblica 3 novembre 2000, n. 396).
Nel caso in cui Ufficiale del Governo non sia il sindaco, trattandosi di persona non residente in Italia, i relativi adempimenti sono svolti dall'autorità consolare, sostanzialmente in termini analoghi e, anche in questo caso, l'effettiva presa d'atto della condizione di cittadinanza italiana (rilascio di un certificato di cittadinanza e del passaporto) avrà luogo solo una volta perfezionato l'intero procedimento.
Se la circolare non ha costituito una
particolare innovazione, ma si è limitata ad organizzare
in modo semplice e chiaro quello che avrebbe sempre essere
dovuto essere stato fatto, la sua emanazione costituisce
il segnale che i comportamenti materiali precedenti non
sempre andavano nella direzione in cui avrebbero dovuto
essere andati. Il fenomeno dei comportamenti materiali
divergenti non risulta essere stato pienamente superato
neppure dopo la sua emanazione, tanto che risulta che non
sempre le indicazioni, elementari e chiare, della
circolare abbiano avuto, talora, fare i conti con modalità
operative che non sempre hanno tenuto in debito conto
tutte le indicazioni della circolare. Il caso più
frequente di queste alterazioni nei comportamenti
materiali è quello per cui sono state presentate istanze
corredate unicamente dagli atti dei discendenti dall'avo
emigrato che davano causa al richiedente e non di tutti i
discendenti dell'avo emigrato, con la conseguenza che,
spesso, fratelli o cugini (o, al limite, bis cugini)
dovevano ripetere l'intero iter compiuto dai propri
collaterali dall'inizio, comportamenti talora favoriti
anche dal personale delle rappresentanze diplomatiche e
consolari, per vari motivi, non ultimo quello di un
approccio formalistico e la sottovalutazione che queste
procedure sono lo specchio di inadempienze, di infrazioni
reiterate nel tempo per generazioni.
Verificandosi queste alterazioni, in sede di istanza,
nonché nel corso degli accertamenti e delle indagini da
compiere, deve essere prestata adeguata attenzione
all'eventualità che vi siano atti di stato civile già
trascritti, senza fermarsi al solo comune di nascita, di
emigrazione od a quello di Roma, ma approfondire gli
accertamenti presso tutti i comuni in cui ciò possa,
lecitamente o illecitamente, essere avvenuto, acquisendone
le eventuali documentazioni, positive o negative, che
consentano di valutare la sussistenza delle condizioni di
diritto del possesso della cittadinanza italiana. Qualora
emerga che vi siano atti già trascritti, comunque ciò
sia avvenuto, o magari il già avvenuto riconoscimento
della titolarità della condizione di cittadinanza
italiana, ciò potrà consentire di facilitare il
richiedente che potrà fornire indicazioni e/o produrre
gli atti relativi, anche se emessi da comuni diversi da
quello di attuale residenza del postulante, fino al punto
che tali atti possono sostituire gli atti autentici emessi
nello Stato straniero.